Arte da sfogliare

Edizione Preview (18—23 aprile 2018) | Triennale Milano

L’opera d’arte contemporanea, per sua natura, tende a indicare qualcosa che va oltre alla sua forma prettamente visiva. Il libro, invece, da secoli si presenta come il fondamentale medium per portare storie e concetti sulla carta e comunicarli al mondo. Due metodi espressivi solo apparentemente distanti, che sono infatti venuti a convergere superando da una parte il linguaggio e dall’altra la mera illustrazione per dare vita a una forma nuova: il libro d’artista, che può utilizzare testo e immagini ma è sempre simbolo di altro, libero di adottare qualsiasi forma l’artista voglia dargli. L’uomo crea da sempre storie e simboli, e da sempre la sua natura immaginifica lo porta a esprimersi tanto col linguaggio quanto con la forma. È nell’immaginario di tutti come la mitologia classica, per esempio, permeasse tramite l’arte la dimensione fisica dell’epoca grecoromana. È curioso notare come Umberto Eco definisse i Commentari dell’Apocalisse di Giovanni miniati di Beato di Liébana (786 D.C.) “il libro più bello del mondo” e come ancora oggi masse di turisti affollino il Trinity College di Dublino per osservare il Book of Kells, realizzato dai monaci irlandesi intorno all’anno 800, due magistrali esempi medievali di commistione tra arte e testo. Non è un caso che il primo a dar vita a un libro d’artista nel XVIII secolo sia generalmente identificato non in un pittore o un illustratore, ma in un artista che per quanto eclettico è principalmente un poeta: William Blake, che curava ogni aspetto dell’edizione di vere e proprie opere-libro in cui il linguaggio si fonde inestricabilmente nella forma e nel colore.
Lo sviluppo tecnologico e l’ipertrofia delle immagini nel ‘900 hanno portato a una miriade di nuovi modi di esprimere concetti tramite l’arte, e il libro, simbolo della trasmissione di idee specialmente tra le élite colte di inizio secolo, è stato subito investito da queste novità. I Futuristi in particolare trovarono nella frantumazione, ricomposizione e stravolgimento del linguaggio l’espressione della loro poetica e crearono i primi libri d’artista della storia contemporanea italiana, facendo eco a esigenze avvertite da altre avanguardie europee con figure rivoluzionarie come Kurt Schwitters e Fernand Léger.
Proeguendo in un percorso cronologico il concetto di libro d’artista si allarga, per esempio facendo sparire il linguaggio o affiancando artisti a letterati e poeti. Da collaborazioni di nomi storici come Picasso e Jean Cocteau, Fontana e Salvatore Quasimodo, a esempi più recenti come Kara Walker e Toni Morrison o Rebecca Horn con il poeta francese Jacques Roubaud.
Il libro d’artista sembra essere un veicolo ideale per colmare il divario che esiste fra parola e opera, ma al tempo stesso sembra sempre mancare di una certa legittimazione all’interno del mondo dell’arte contemporanea. È un oggetto insolito nelle esposizioni, è un libro ma quando pensiamo di toccarlo, aprirlo e sfogliarlo ci troviamo in difficoltà di fronte a un’aura di sacralità intimorente. È un oggetto ibrido, non è solo un libro ma anche e soprattutto un’opera d’arte, c’è il rischio di rovinarla.
Si presta per questo a un collezionismo più intimo, diverso da quello del collezionista circondato da muri claustrofobicamente affollati da tele. Non servono metri quadri di pareti o scaffali e imballature per tenere le opere vicine, si possono sfogliare, conservare chiuse in una libreria o esposte su ogni mobile. Ogni opera parla con lo spettatore e soprattutto col collezionista ma il libro in particolare forse, per il contatto fisico che richiama generando timore e attrazione, crea un rapporto diretto, tattile e visivo, con l’uomo. È più facile immergersi nel libro d’artista che in una tela, una scultura o un video, proprio perché lo apriamo e lasciamo che lo sguardo e il pensiero si tuffino in esso. Sfogliando le pagine scendiamo in profondità, scoprendo via via il suo significato e il pensiero che sta sotto la sabbia.

Pietro Consolandi

Curatore e artista attivo fra Venezia e Oslo con un background di studi in storia contemporanea e teoria politica, si è formato fra Università degli Studi di Milano, The University of Edinburgh e infine in Arti Visive fra lo IUAV di Venezia e Kunsthøgskolen i Oslo. Il suo lavoro è stato esposto e presentato in diversi spazi fra cui La Triennale di Milano, Museo MAGA di Gallarate, Kunstnernes Hus e Khartoum Contemporary Art Center a Oslo e Hermes Le Forum a Tokyo. È attualmente curatore di TRAFFIC – Festival delle anime gentili, a San Lorenzo in Campo.
La sua ricerca artistica e curatoriale indaga il tema della memoria e della sua sopravvivenza nel tempo, con una particolare attenzione a temi di socialità e dialogo e alla creazione di nuova conoscenza in contesti di condivisione.

MARIO PIAZZA | SILVIA SFLIGIOTTI | PAOLO BANDECCHI | SILVIO LORUSSO | SERGIO BORRINI | GIANLUCA CAMILLINI | LUCA CISTERNINO | PIETRO CONOLANDI