Watoji/ Legatoria giapponese

Edizione Preview (18—23 aprile 2018) | Triennale Milano

Pagine come ali di farfalle, fogli piegati a fisarmonica, lunghe scie di morbida carta arrotolata, libri che volano al soffiare di una brezza leggera e fili di seta che disegnano la geometria di simboli ancestrali. Tutto, nella legatoria giapponese, parla un linguaggio etereo e fugace. Il libro è poesia sin dalla soglia, dai motivi grafici delle copertine alle fibre naturali intrecciate in cordoni sottili. Le cuciture a vista sono insieme struttura e decorazione. Una bellezza discreta e raffinatissima, frutto di possibilità combinatorie infinite. Eppure, nulla è a caso.
Il Giappone ha ereditato dalla Cina, come molti altri aspetti della propria cultura, tutti gli elementi essenziali riguardo la produzione di libri: l’inchiostro, la scrittura, la carta, la stampa xilografica e la legatoria. Per quanto forte possa apparire questo retaggio culturale, cadremmo in errore se considerassimo questo appropriamento come mera copiatura di tecniche e conoscenze. Ha scritto Philippe Daverio: “Si sa che i giapponesi più che inventori sono trasformatori metafisici”.
Una tradizione millenaria che subisce un processo continuo e disciplinato di affinamento divenendo giapponese, ha permesso di custodire, fino alle soglie del XX° secolo, una conoscenza tecnica e stilistica in cui varietà, versatilità e leggerezza sono gli elementi costitutivi. Oggetti d’uso in cui la funzionalità e la valenza estetica risultano inscindibili tra loro; oggetti “risolti”, la cui semplicità deriva da una meditata sottrazione e, non di rado, dalla modularità e dalla variazione di alcuni elementi. La legatoria giapponese si struttura in 5 famiglie principali: il libro arrotolato (V° sec.), i libri a fisarmonica e il libro Farfalla (periodo Heian, 794 – 1185), gli stili cuciti – tra cui il libro multisezione (XII° sec.) e i libri con pagina a sacchetto (XIV° sec.) – e i registri.
I monasteri buddisti, centri di ricchezza e di conoscenza, sono sin dall’antichità gli unici luoghi che possono permettersi gli alti costi della carta; è grazie a queste comunità che la cultura viene custodita, tramandata e protetta.
Per quanto la xilografia fosse nota in Giappone sin dall’VIII° secolo (alcuni mantra buddisti risalenti a quell’epoca sono considerati tra i documenti stampati più antichi al mondo), la stampa era poco diffusa, perchè la carta rimase a lungo estremamente costosa. Durante il periodo Edo (1603 – 1868) una serie di fattori favorirono la crescita e la diffusione della pubblicazione di libri. La riunificazione del paese sotto lo shogunato Tokugawa diedero impulso alla crescita delle città e a una più diffusa alfabetizzazione. Importanti opere classiche di letteratura giapponese, come La storia di Genji e i Racconti di Ise, iniziarono a circolare in forma stampata, dando impulso alla diffusione di libri sui più disparati argomenti.
La restaurazione Meiji del 1868 e la conseguente introduzione della tecnologia occidentale portarono ad una rivoluzione nel campo dell’editoria giapponese, favorendo la produzione di carta e di libri realizzati industrialmente. Questo delicato passaggio segnò l’inevitabile declino dell’onnipresente libro a sacchetto e dell’intero retaggio culturale e formale che la legatoria tradizionale giapponese aveva fino a questo momento custodito.

Luca Cisternino

Grafico e architetto, dal 1982 lavora a Milano, occupandosi di comunicazione, immagine coordinata e allestimento. Nel 1996 ha fondato 46xy, studio di design e di strategie di comunicazione. Dal 1992 al 2006 è stato Presidente dell’AIAP, Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva. Dal 1997 è docente di Comunicazione Visiva presso il Politecnico di Milano e ricercatore di ruolo presso il dipartimento Indaco della Facoltà del Design di Milano. È stato creative director di Domus dal 2004 al 2007, ed è art director di Abitare.
Progetta e cura mostre sulla grafica (tra le ultime, “Bruno Munari e il Club degli editori”) e pubblica libri (tra gli ultimi “Progettare il marchio”, “Italic 1.0. Il disegno dei caratteri contemporaneo in Italia”, “Una firma per sei”) e collabora con riviste specializzate (“Abitare”, “Progetto grafico”, “Linea Grafica”, “Domus”).

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